1.6.07

"Centochiodi", più di un film

[pellicole -15]
“Il mangiatore di film è spaventosamente romantico, irrimediabilmente portato cioè a capire la realtà. Quel che egli cerca nel buio non è la fuga da quest’ultima, ma la sua stessa essenza, qualche volta così concentrata da essere insostenibile come un veleno. Ha capito il mondo così come, per capire un pezzo di pane, non lo si pensa, ma lo si mangia”. (Enzo Ungari)
Un professore entra in una biblioteca universitaria prende i libri riposti negli scaffali e li inchioda.
Dopo fuggirà gettando i suoi documenti in un fiume, alla ricerca di un nuovo percorso di vita. O di resurrezione.
Ermanno Olmi ha realizzato un film che parla di filosofia, cita Schopenauer “Le religioni non hanno mai salvato il mondo”, attualizza Dostoevskij, lasciando trasparire metafilmicamente ciò che aveva scritto nel 1854 alla Fonzivina : “Arrivo a dire che se qualcuno mi dimostrasse che Cristo è fuori dalla verità e se fosse effettivamente vero che la verità non è in Cristo, ebbene io preferirei restare con Cristo piuttosto che con la verità”.
I libri, simbolo di religione rivelata e non esemplarmente vissuta, reinterpretata nei secoli ad uso e consumo di religioni, sette, pensatori, santoni al servizio del potere o di se stessi, vengono inchiodati perchè inutili, non hanno aiutato la Comunità nella sua comunione di intenti, hanno inculcato false certezze sotto forma di verità assoluta e non hanno favorito il dialogo.
E’ necessario fuggire, cambiare identità, diventare apostolo e perchè no, novello Cristo, approdare nei pressi di un paesello circondarsi di persone che desiderano ascoltare un professore che riesce ancora a raccontare parabole, affabulare una giovane panettiera che potrebbe essere iconograficamente una Maria Maddalena o una Samaritana, e poi?
Tradirsi con la complicità di una carta di credito risparmiata alla distruzione e farsi arrestare per poter gridare i propri dubbi.
Quando il professore sarà rilasciato, sarà atteso invano al paesello, anche se qualcuno dirà di averlo visto camminare sulle acque.
Centochiodi non è soltanto un film, è soprattutto una riflessione sulla difficoltà di credere ed al tempo stesso pensare, sull’ impossibilità di interiorizzare il dubbio, sul tempo perso a leggere di cose che ci hanno reso avulsi alla realtà.
E’ paradossalmente un film che pur non volendo esserlo, è politico, avendo una forte impronta autoriale. Nel suggestionarci, suggerisce. Forte è la presenza della natura e quando i suoni sembrano scaturire da stati d’animo legati ad un ballo o ad una gita al mare, non è casuale che si possa anche udire una vecchia canzone intitolata “Non ti scordar di me”.
E’ una digressione poetica, testimoniale, autentica. Un’invocazione per il futuro.
Se ci sarà.
Oreste- Mi trovo forse alla presenza regale di Elettra?
Elettra- Non regale, ma assai misera, invece. Perchè straniero mi guardi così e mi compiangi?
Oreste- Vedendo su di te i segni di molti patimenti.
Elettra- Tu sei l’unico che finalmente ha compassione di me.
Oreste- L’unico, infatti, che ti avvicina soffrendo i tuoi dolori come suoi.
(Sofocle, “Elettra”)
by Antonio Savella

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