La poesia ironica, autoironica, intima e teatrale di Rita Bonomo
[letteratura -4]
Le parole che sorgono sanno di noi ciò
che noi ignoriamo di loro - René Char
che noi ignoriamo di loro - René Char
Se la poesia ha la possibilità, come l'inconscio, di "dire" l'indicibile, la poesia di Rita Bonomo, rianimata dal processo creativo, riesce a trasformare le tracce balbettanti e primordiali della parola in suggestiva e intensa forza lirica e poetica.
Dìri dìri danna è una silloge bella, che si gioca tutto sul filo della memoria attraverso i ricordi, quelli dell’infanzia, come luogo assoluto, senza tempo, luogo di transito, in cui non si può sostare, ma tornare sempre.
Dìri dìri danna è una silloge bella, che si gioca tutto sul filo della memoria attraverso i ricordi, quelli dell’infanzia, come luogo assoluto, senza tempo, luogo di transito, in cui non si può sostare, ma tornare sempre.
E’ un nastro magnetico già inciso
-chiamalo vissuto-
che si svolge e riavvolge
al comando di mezzo tasto
-chiamalo vissuto-
che si svolge e riavvolge
al comando di mezzo tasto
memoria in forma bemolle
-in grave baritonia-
e assenza di corde vocali
disimparate a ritmo di dap
(ricordo che implodevo fino all’orlo
scordandomi di respirare)
Guarirò mai da tutto ciò
che ho sentito?
Forse con un otorino
che mi sussurra all’orecchio
e una gatta che ripartorisce
tutti i gatti miagolanti che hai ucciso.
(p. 49)
E così, l’autrice s'inventa il proprio passato nel racconto, rivelando e disvelando, mettendo in scena, sul grande palcoscenico della vita, il noto e l’ignoto, attraverso un poemetto teatrale a più voci.
Sono la grande accerchiata cieca
Mi disseppellisco spuria marionetta-
mi contemplo nella cerchia e
con benedetta boria mi distinguo
-eccello, per aborigeno ingegno!
(p.35)
La forma “teatrale” e drammaturgica dell’opera, caratterizzata da un prologo e un epilogo, le voci interiori e fuori campo, gli intermezzi e il coro, aiutano ad organizzare e riorganizzare la memoria, che permette di esprimere emozioni, conferendole senso e trasformandole da astratte, ignote e talvolta "terrorizzanti" sensazioni, in nominabili e controllabili immagini mentali.
Sono tanti i fattori di bellezza di questo libro, edito lo scorso anno dalla casa editrice “Libero di scrivere”: la scelta originale del titolo, il gioco ironico e disincantato della lingua che alleggerisce e sfuma i contorni e i toni del dire, la struttura estremamente progettuale e teatrale che utilizza il metodo dei travestimenti e della satira per ribaltare forme, ruoli e gerarchie della normalità quotidiana.
Il titolo “diri diri danna” richiama alla mente una litania, di quelle che si cantilenavano ai bambini per distrarli o per attirarne l' l’attenzione; si trattava di un canto reso monotono dal ritorno ossessivo sulla stessa frase melodica e sul medesimo grado tonale.
“una nenia insolita, di mnemonica etnia,
presa, all’ora dei pasti, per bocca.
Un altro imbroglio liquido da ingoiare”
(p.12)
E ancora, sempre nel prologo per tre voci in cui compaiono una bimba, un vecchio e una ricamatrice:
Vecchio:
Fa presto
Un cucchiaio a me –suona la lira-
Un cucchiaio a te –riottosa zampognino-
Che t’accolga, l’ultimo orchestrante sull’altro
dondolante d’un confortante abbraccio
-con riverenza arcuata-
Ecco questa la bacchetta che scandisce
-amorevole- il lento dìri dìri danna
Orchestrandone dell’appetito il suono
Ed è filo armonico che conduce alla musica degli angeli.
Su, fa’ presto che dopo pranzo
si gioca tutti per davvero
e se ti andasse di traverso
hai il permesso di rigurgitare.
(p.19)
Il verso ludico-drammatico in cui si agita la parola di Rita Bonomo, rende il suo linguaggio poetico vivace e godibile, seppure a tratti complesso e difficile. Una poesia ironica e amara “-Udite, udite! Non è un’acrobata, è una femmina da salvare!”, in cui l’autrice non si risparmia e si rivela in tutta la nudità del privato, dell’essere” infante” e “figlia”.
Una poesia che muovendosi nella complessa grammatica dell'inconscio, dice la verità e al tempo stesso cerca la verità, articolando suoni ed esperienze, che da balbettanti diventano comunicazione riconosciuta e riconoscibile.
E sono la tua gola respirata
sono il mio, il suo, e senza voce mai sopito
un latrato, un afono ruggito,
un alfabeto morso, imparato a menadito
(p.39)
Consapevolezze, interrogativi, risposte. Finzione teatrale e rappresentazione dei propri desideri e proiezioni, tutto in un tono che cresce pian piano, fino a divenire “nervo scoperto”, elegia commovente e toccante nel IV Comandamento, la cosìddetta “grande coriandolata”.
Il mio cielo è tronco d’ali e reti
eppure impigliata –resta- questa genia
(p.66)
e proprio qui, rivolgendosi a uno degli interlocutori cardini del libro, la figura del padre, ci lascia questi toccati versi di “assoluzione annunciata”
Non oso più filtrarmi la bocca nella pronuncia
del nome tuo né oso scialacquare neppure
una quantità minima di battiti
nello scandire le consonanti
appartenuteci
Chè la tua etichetta non oso staccarmi
dal polso e dal naso e dal ciglio arrugginito
oltre tutti questi anni ciechi di te e
della tua buccia –vuota di me- ad acclamarmi
finalmente affrancata
Eccola infine l’assoluzione annunciata
(p.77)
Poi, prima che il sipario si chiuda, il Corale, con le suggestive scene da un funerale: la catarsi e il distacco sotto una fiumara di coriandoli che cade dall’alto. Infine il sipario in “castagno/ d’arte poverissima”, un ultimo abbraccio, una quietanza liberatoria. La leggerezza della finzione teatrale contro l'angoscia della verità, in bilico tra commedia e tragedia, tra realtà e finzione.
Questo libro è il tentativo di stare dentro un’esperienza, che quando torna ad affacciarsi è un’esperienza senza esperienza, una porta da socchiudere e aprire, dove imparare a convivere con luci e ombre che provengono dal di dentro.
E chi di noi non ha, come in dìri dìri danna, una porta chiusa stretta, che all’improvviso si spalanca?
Rita Bonomo, dìri dìri dànna - litania stolta del diritto e rovescio - Collana Libero di stile - Liberodiscrivere ® Edizioni Genova - € 10,00
-in grave baritonia-
e assenza di corde vocali
disimparate a ritmo di dap
(ricordo che implodevo fino all’orlo
scordandomi di respirare)
Guarirò mai da tutto ciò
che ho sentito?
Forse con un otorino
che mi sussurra all’orecchio
e una gatta che ripartorisce
tutti i gatti miagolanti che hai ucciso.
(p. 49)
E così, l’autrice s'inventa il proprio passato nel racconto, rivelando e disvelando, mettendo in scena, sul grande palcoscenico della vita, il noto e l’ignoto, attraverso un poemetto teatrale a più voci.
Sono la grande accerchiata cieca
Mi disseppellisco spuria marionetta-
mi contemplo nella cerchia e
con benedetta boria mi distinguo
-eccello, per aborigeno ingegno!
(p.35)
La forma “teatrale” e drammaturgica dell’opera, caratterizzata da un prologo e un epilogo, le voci interiori e fuori campo, gli intermezzi e il coro, aiutano ad organizzare e riorganizzare la memoria, che permette di esprimere emozioni, conferendole senso e trasformandole da astratte, ignote e talvolta "terrorizzanti" sensazioni, in nominabili e controllabili immagini mentali.
Sono tanti i fattori di bellezza di questo libro, edito lo scorso anno dalla casa editrice “Libero di scrivere”: la scelta originale del titolo, il gioco ironico e disincantato della lingua che alleggerisce e sfuma i contorni e i toni del dire, la struttura estremamente progettuale e teatrale che utilizza il metodo dei travestimenti e della satira per ribaltare forme, ruoli e gerarchie della normalità quotidiana.
Il titolo “diri diri danna” richiama alla mente una litania, di quelle che si cantilenavano ai bambini per distrarli o per attirarne l' l’attenzione; si trattava di un canto reso monotono dal ritorno ossessivo sulla stessa frase melodica e sul medesimo grado tonale.
“una nenia insolita, di mnemonica etnia,
presa, all’ora dei pasti, per bocca.
Un altro imbroglio liquido da ingoiare”
(p.12)
E ancora, sempre nel prologo per tre voci in cui compaiono una bimba, un vecchio e una ricamatrice:
Vecchio:
Fa presto
Un cucchiaio a me –suona la lira-
Un cucchiaio a te –riottosa zampognino-
Che t’accolga, l’ultimo orchestrante sull’altro
dondolante d’un confortante abbraccio
-con riverenza arcuata-
Ecco questa la bacchetta che scandisce
-amorevole- il lento dìri dìri danna
Orchestrandone dell’appetito il suono
Ed è filo armonico che conduce alla musica degli angeli.
Su, fa’ presto che dopo pranzo
si gioca tutti per davvero
e se ti andasse di traverso
hai il permesso di rigurgitare.
(p.19)
Il verso ludico-drammatico in cui si agita la parola di Rita Bonomo, rende il suo linguaggio poetico vivace e godibile, seppure a tratti complesso e difficile. Una poesia ironica e amara “-Udite, udite! Non è un’acrobata, è una femmina da salvare!”, in cui l’autrice non si risparmia e si rivela in tutta la nudità del privato, dell’essere” infante” e “figlia”.
Una poesia che muovendosi nella complessa grammatica dell'inconscio, dice la verità e al tempo stesso cerca la verità, articolando suoni ed esperienze, che da balbettanti diventano comunicazione riconosciuta e riconoscibile.
E sono la tua gola respirata
sono il mio, il suo, e senza voce mai sopito
un latrato, un afono ruggito,
un alfabeto morso, imparato a menadito
(p.39)
Consapevolezze, interrogativi, risposte. Finzione teatrale e rappresentazione dei propri desideri e proiezioni, tutto in un tono che cresce pian piano, fino a divenire “nervo scoperto”, elegia commovente e toccante nel IV Comandamento, la cosìddetta “grande coriandolata”.
Il mio cielo è tronco d’ali e reti
eppure impigliata –resta- questa genia
(p.66)
e proprio qui, rivolgendosi a uno degli interlocutori cardini del libro, la figura del padre, ci lascia questi toccati versi di “assoluzione annunciata”
Non oso più filtrarmi la bocca nella pronuncia
del nome tuo né oso scialacquare neppure
una quantità minima di battiti
nello scandire le consonanti
appartenuteci
Chè la tua etichetta non oso staccarmi
dal polso e dal naso e dal ciglio arrugginito
oltre tutti questi anni ciechi di te e
della tua buccia –vuota di me- ad acclamarmi
finalmente affrancata
Eccola infine l’assoluzione annunciata
(p.77)
Poi, prima che il sipario si chiuda, il Corale, con le suggestive scene da un funerale: la catarsi e il distacco sotto una fiumara di coriandoli che cade dall’alto. Infine il sipario in “castagno/ d’arte poverissima”, un ultimo abbraccio, una quietanza liberatoria. La leggerezza della finzione teatrale contro l'angoscia della verità, in bilico tra commedia e tragedia, tra realtà e finzione.
Questo libro è il tentativo di stare dentro un’esperienza, che quando torna ad affacciarsi è un’esperienza senza esperienza, una porta da socchiudere e aprire, dove imparare a convivere con luci e ombre che provengono dal di dentro.
E chi di noi non ha, come in dìri dìri danna, una porta chiusa stretta, che all’improvviso si spalanca?
Rita Bonomo, dìri dìri dànna - litania stolta del diritto e rovescio - Collana Libero di stile - Liberodiscrivere ® Edizioni Genova - € 10,00
by Maria Pina Ciancio
Etichette: letteratura, poesia, rita bonomo
2 Comments:
Cara Rita è stato un piacere per me leggerti e “ritrovarmi” tra i versi e le parole di -diri diri danna.
Sono felice di averti regalato un sorriso e anche di aver interrotto la tua “latitanza” vacanziera
Sulle belledonne non sono riuscita a postare, purtroppo.
Un abbraccio “consonate” e a rileggerti presto
Mapi
E io ti riporto la sensazione di esaustività che mi ha dato questa tua bella recensione della tua lettura al testo. dello story board che ne tracci così puntuale e preciso da dettagliare tutta la generosità con cui ti sei data a queste mie parole storte. :)
E quanta competenza, Mapi, s'intravede.
Io commossa ed emozionata quando l'ho letta questa bella recensione.
Ancora Grazie.
Rr
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