22.12.07

Il disordine come creatività: le storie allegramente assurde di Emir Kusturica

[pellicole -24]
"Poco dopo aver visto «Senso» di Luchino Visconti,
un altro film mi ha sconvolto: «La Strada» di Federico Fellini.
Lì ho fatto il mio ingresso magico nel mondo del cinema".
(Emir Kusturica)


Forse il modo migliore per fare un piccolo omaggio al cinema di Emir Kusturica sarebbe quello di scrivere semplicemente i titoli della sua filmografia. Punto e capo! Ma il fatto è che adoro molto il cinema di Emir Kusturica, amalgama perfetta di ambientazioni, generi, personaggi e storie, fantastici e fantasiosi, stimolatore di tante fantasie iconografiche, poetiche, musicali ed oniriche! Quindi questo piccolo omaggio all’immenso regista Balcanico vorrei fosse letto per quello che è: un gioco personale di costruzione fatto mettendo insieme pezzi sparsi apparsi su internet ma anche e soprattutto un invito a godervi qualche film del suddetto regista, tralasciando anche queste parole ed “aprendo” semplicemente il cuore alle immagini “Kusturichiane”! Buone visioni!

BREVISSIMI ACCENNI BIOCINEMATOGRAFICI
Emir Kusturica, uno dei più grandi cineasti viventi, nasce nel 1954 a Sarajevo.
Dopo aver abbandonato una promettente carriera da calciatore, studia quattro anni di cinema all'Accademia di Milos Forman a Praga. Al ritorno a Sarajevo, lavora per la tv e realizza i primi film: “Guernica” nel 1978, "Arrivano le spose" nel 1979 e "Caffè Titanic" nel 1980. ma il suo primo successo di critica e di pubblico avviene con
"Ti ricordi di Dolly Bell?", del 1981, segnalato come miglior opera prima al festival di Venezia e quattro anni dopo con "Papà è in viaggio d'affari", Palma d'Oro a Cannes. Sfruttando l'amicizia con Milos Forman e con l'apporto di capitali stranieri per la produzione, gira nel suo paese: "Il tempo dei gitani", premio per la miglior regia a Cannes, nel 1989. Per girare questo film dalla stupefacente improvvisazione e per descrivere in maniera realistica il popolo gitano, Kusturica, sceglie come attori veri Rom completamente analfabeti non in grado di firmare neanche il contratto e si iscrive ad una squadra di calcio in un quartiere di cinquantamila zingari per comprenderne a fondo il modo di vivere. Kusturica è regista di fama internazionale e trasferitosi a New York insegna cinema alla Columbia University. Successivamente nel 1993 realizza "Arizona Dream", Orso d'Argento e premio speciale della giuria al Festival di Berlino, film di rara bellezza poetica e onirica che abbraccia quasi tutti i generi del cinema americano. Poi è la volta di "Underground", nel 1995, di nuovo Palma d'Oro a Cannes. Dunque una carriera con molti riconoscimenti! "Gatto nero, gatto bianco", Leone d'Argento alla Mostra di Venezia nel 1998. pienissimo di continue invenzioni, racconta della travolgente vitalità di una comunità di zingari con un tocco surreale e poetico realizzata attraverso una storia interpretata, ancora una volta, da veri Rom. Nel 2001 è la volta di “Super 8 stories”, che narra le vicende della “No smoking band” il complesso musicale dello stesso Kusturica. Altri film recenti girati dal nostro regista sono: “La vita è un miracolo”, il documentario sul mondo dell’infanzia “Tutti i bambini invisibili” ed infine “Promise me this”. Variegata è inoltre anche la carriera di attore dello stesso Kusturica che oltre ad esser presente in molti dei suoi film risulta presente anche in diversi film di altri registi.

TI RICORDI DI DOLLY BELL?
Ambientato a Sarajevo nei primi anni '60, è la storia dell'educazione sentimentale del sedicenne Dino e del suo rapporto con il padre che morendo, gli lascia in eredità la sua ingenua fede nel marxismo, nella Iugoslavia socialista e nel proprio presente.
Ma in questo film corale contano anche il conflitto tra il comunismo ortodosso e il desiderio di novità, espresso con la fissazione dell'ipnosi, il trapasso verso la società dei consumi in una Sarajevo dei sobborghi abitata da una gioventù povera, il contrasto tra il vecchio e il nuovo nei costumi con risvolti sugli usi musulmani.
Fa da motivo trascinante musicale la canzone "24000 baci" di Celentano. La Dolly Bell del titolo è una spogliarellista. Dino è un adolescente che vive a Sarajevo agli inizi degli anni Sessanta, un periodo di grande apertura della Jugoslavia di Tito verso l'occidente e la vicina Italia. Il padre, un intellettuale marxista, in definitiva lo lascia vivere una gioventù povera ma molto più libera di quella delle generazioni precedenti, tra gli amici un po' vitelloni e il primo, goffo innamoramento per una ragazza troppo smaliziata. Nella Sarajevo del 1960 Dino è poco più di un adolescente con un sogno: un Occidente pieno di tentazioni appena fuori dalla Jugoslavia.
La sua vita trascorre tra gli amici, una famiglia che sembra una sezione di partito, lezioni di ipnosi e rock'n'roll. Ma un giorno arriva Dolly Bell, la spogliarellista di un vecchio film italiano, una giovane prostituta, ingenua e tenera, di cui se ne innamora perdutamente. E quando Dolly Bell se ne andrà, nulla potrà essere più come prima.

PAPA’ IN VIAGGIO D’AFFARI
“Papà è in viaggio di affari”, è un film dolce, fatto di scene molto tenere e difficili da dimenticare come le sequenze che riguardano l’innamoramento del piccolo Malik e della figlia del dottore amico di Mesa. Siamo a Sarajevo nel 1949, dopo la scomunica del Cominform e il distacco da Mosca della repubblica di Tito, lo “stalinismo degli antistalinisti!” dilaga e ne fa le spese anche Mesa, bravo uomo e assiduo frequentatore di prostitute, rinchiuso senza processo in un campo di lavoro da dove esce nel 1952. In una certa misura la storia è raccontata attraverso gli occhi innocenti di Malik, piccolo sonnambulo e figlio di Mesa. E lui il nucleo poetico di una commedia agrodolce. Tira una fresca brezza di neorealismo italiano in questo film che propone una ricca galleria di personaggi simpatici ed odiosi al contempo, insieme ad una vena umoristica e ad alcuni momenti di forte suggestione emotiva. Nella campagna intorno a Sarajevo un vecchio portinaio canta delle canzoni messicane per racimolare qualche soldo da spendere alla birreria del paese. Quando gli viene chiesto perché proprio canzoni messicane risponde: «Compagno , io voglio star tranquillo… con i tempi che corrono». A porre la domanda è Mesa, il protagonista principale del film instancabile viaggiatore per lavoro e che, durante le lunghe giornate lontano dalla famiglia, si consola con donne di facili costumi. Una di queste amanti gli costerà la libertà. Infatti la donna, probabilmente per vendicare il mancato divorzio di Mesa dalla moglie, lo denuncia alla polizia per aver discusso la politica del giornale di partito. Ciò che accade al protagonista corrisponde alla normale prassi in Jugoslavia dopo la seconda guerra mondiale dove il solo sospetto di essere un dissidente portava alla perdita di ogni diritto e nel peggiore dei casi alla morte per fucilazione. La storia è scandita dalla voce narrante del figlio minore di Mesa, il piccolo Malik, che assiste, cercando di comprendere le stranezze degli adulti. Ed assiste allo scorrere degli eventi con un desiderio fisso nella mente: riuscire a comprare con i propri risparmi il pallone di cuoio esposto nella bottega sotto casa.
La colonna sonora del film, oltre alle belle musiche balcaniche, è composta dalle radiocronache delle partite di calcio della Jugoslavia e dai radiogiornali del regime che riportavano la politica del partito e i vaneggiamenti di Tito. Un mondo variopinto e sfaccettato dove la gente, abituata a qualsiasi tipo di angheria e di vessazione da parte del regime, mirava essenzialmente, a sopravvivere con dignità.

IL TEMPO DEI GITANI
Figlio naturale di una zingara, il giovane Penhan è costretto a seguire il capo in Italia, a rubare e trafficare in bambini, nani, infermi. Perde l'innocenza, le illusioni, la vita. “Il tempo dei gitani” è un film d'amore, di avventure e un romanzo di formazione.
La sua tumultuosa vicenda procede per accumulazione su un arco di quindici anni attraverso peripezie ora buffe, ora sanguinose in altalena tra tenerezza e ignominia.
Kusturica s'è immerso nel mondo e nelle cultura dei Rom con passione senza benevolenza, con una partecipazione che non esclude la lucidità, con una simpatia che non diventa idealizzazione. Sconnesso, ridondante, visionario, innovativo e pieno di invenzioni ecco i termini che ben si adattano a questo film! Dunque il giovane Penhan abita con la nonna, la piccola sorella Daza e lo strampalato zio in un accampamento Rom in Jugoslavia. Dopo aver accompagnato la sorella a Lubiana per un intervento chirurgico ad una gamba malformata, Penhan è costretto a seguire Ahmed, il boss dell’accampamento, in Italia. Qui, dopo un’iniziale resistenza, inizierà a commerciare in bambini e a costringerne altri all’accattonaggio e alla prostituzione, fino a soppiantare nelle funzioni di capo lo stesso Ahmed, rimasto nel frattempo vittima di un colpo apoplettico che lo ha ridotto alla paralisi. Dopo aver ucciso Ahmed, Penhan verrà ucciso a sua volta dalla moglie di questo per vendetta. Kusturica col suo solito gusto iperbolico della narrazione, ne “Il tempo dei gitani” racconta di un percorso di formazione particolare che conduce alla perdita dell’innocenza del giovane Penhan, figlio naturale di una zingara cresciuto con affetto dalla corpulenta nonna. Il racconto cinematografico, la trama del film si divide idealmente in due parti nettamente distinte: la prima è quella relativa alla formazione adolescenziale, con la vita nell’accampamento Rom a contatto con la singolare famiglia, in una dimensione perennemente sospesa tra sogno e realtà, nella quale anche l’iniziazione amorosa assume le caratteristiche della fiaba gitana percepita in un contesto onirico e visionario mentre la seconda è quella del distacco dal proprio ambiente familiare con l’inganno di una possibile guarigione per la piccola Daza, nata con una malformazione alla gamba che Ahmed, il capo carismatico del villaggio, promette di risolvere grazie all’intervento chirurgico di un celebre ortopedico di Lubiana. Il distacco dalla famiglia e il conseguente trasferimento in Italia sanciscono per Penhan una discesa irrevocabile negli abissi dell’abiezione e della corruzione al seguito di un’autentica corte dei miracoli capeggiata da Ahmed senza alcuno scrupolo. Quindi all’atmosfera sognante della prima parte subentra un clima opprimente fatto da azioni riprovevoli condotte nei confronti dei minori: vendita di bambini ancora in fasce, coercizione all’accattonaggio, stupri condotti con l’intento di educare al mestiere giovani prostitute. Alla spensieratezza caratteristica del villaggio Rom si sostituisce la cappa opprimente di un’innocenza non più recuperabile. Penhan, infatti, investito direttamente da Ahmed, non più in grado di gestire la situazione dopo l’infarto occorsogli, comincia a comportarsi da vero e proprio boss senza scrupoli, al punto che penserà di vendere il figlio che la sposa gli ha dato perché sospetta che non sia frutto del suo seme. Una progressiva e irreversibile discesa verso l’annullamento di se stessi, una “sorta” di formazione al contrario, di un adolescente che aveva soltanto un’aspirazione: la guarigione della sorella, ma che in virtù di un inganno poiché la sorella, in realtà, è stata trasferita a Roma per chiedere l’elemosina sfruttando la pena che la sua gamba menomata provoca, ha gettato che diventa cattivo per necessità, per cercare di sopravvivere.

ARIZONA DREAM
Un giovane di New York di nome Axel è chiamato in Arizona dallo zio Leo che vuole insegnargli la fede nei pilastri del modo americano di vivere. Axel, invece, s'innamora di una bizzarra donna matura che potrebbe essere sua madre e con cui condivide il sogno di volare su un velivolo senza motore e fa amicizia con altri tipi bizzarri. Film stravagante, originale, un’onda di onirico surrealismo, “Arizona dream”, racconta l'America vista con gli occhi del cineasta jugoslavo, in cui Axel in questa “sorta” di paese delle meraviglie dovrebbe, per volontà dello zio fare il venditore di Cadillac, ma preferisce convivere con una donna molto più matura in una fattoria e costruire una rudimentale macchina volante. A complicare i rapporti c'è la figlia della signora, votata al suicidio. Nel frattempo conosciamo una famiglia di esquimesi coi suoi cani, e un pesce che ha entrambi gli occhi dalla stessa parte.
La ragazza alla fine riesce a morire, così come il vecchio zio. Ma il pesce si libera allegro nell'aria. L'America sembra davvero complicata! E Kusturica esorcizza questa visione di complicatezza con le sue invenzioni, le sue parabole fantastiche e grottesche, a scapito del rigore stilistico occidentale, ma a favore della fantasia per la fantasia, che non è mai cattiva cosa. Meraviglia per gli occhi, per il cuore e per l’anima!

UNDERGROUND
Nel 1941, dopo il primo raid aereo tedesco su Belgrado, comincia l'ascesa del compagno Marko, partigiano, trafficante e borsanerista. In due anni lui e il suo impetuoso amico Blacky accumulano una fortuna e la fama di eroi della resistenza finché convincono il loro clan a rifugiarsi in un sotterraneo e a fabbricare armi e altri prodotti per il mercato nero. Ci rimangono per quindici anni perché, con la complicità dell'attrice Natalija, Marko fa credere a tutti che la guerra continua e intanto diventa un pilastro del regime socialista di Tito. L'inganno dura fino al 1961 e nel trentennio successivo muoiono di morte violenta Natalija, Marko, l'innocente suo fratello Ivan e Jovan, figlio di Blacky, l'unico sopravvissuto che, tornato nel sotterraneo, sbuca attraverso un tunnel sul Danubio dove ritrova tutte le persone scomparse che ha conosciuto: è un'isoletta che va alla deriva sul fiume. E difficile stringere in una definizione di genere un grande film visionario come “Underground”. Hanno speso molti aggettivi per definirlo: picaresco, eccessivo, ridondante, straordinario, smisurato, vitalissimo, incandescente, barocco, sensuale, metaforico, allegorico eccetera . Si potrebbe dire che fa pensare ad “Alice nel paese delle meraviglie” riscritto da Kafka, con Hyeronimus Bosch come scenografo e Francis Bacon direttore della fotografia! A me fa pensare anche ad alcuni quadri Marc Chagall, al cinema di Tarkovskij, di Jodorowsky e di Ioselliani, oltre che al cinema di Vigo e Visconti esplicitamente citati. E una tragicommedia musicale con le musiche tzigane di Goran Bregovic. Un racconto straripante di feste nuziali, riti collettivi e baccanali che fanno da filo conduttore oltre che a dargli il ritmo. "C'era una volta un paese..." potrebbe essere il sottotitolo. La Iugoslavia, naturalmente. Kusturica dice che non è un film nostalgico, ma un necrologio. Forse il Paese di cui ha cercato di raccontare mezzo secolo di storia non è mai esistito. “Underground” è il sogno di un incubo, quello della Storia e del suo tempo sporco. La storia della Jugoslavia dal secondo conflitto mondiale alla guerra civile, la storia di due amici, di due fratelli in armi ed in truffa, la storia di una donna contesa, la storia di un sotterraneo per la fabbricazione d'armi. La storia di un paese immerso nel roboante conflitto di pressioni e rivendicazioni, la storia forse di un paese mai esistito veramente. “Underground” è un’abbuffata di colori, di danze, musiche, urla di dolore, rabbia, gioia e follia! Film rumoroso, assordante, come una continua baruffa, magnifica descrizione della tensione circense nei Balcani. Un carro armato perfora lo zoo di Belgrado e l'immagine degli animali che si liberano in direzioni diverse ed irrazionali è molto sottile ma evidente. O la clinica per matti, in cui tutto è concesso, in cui niente è anormale perché in fondo forse siamo tutti pazzi. Significativa la sequenza finale con il banchetto in cui tutti i protagonisti sono in armonia tra loro ma siedono in una porzione di terra che si distacca e che galleggia sull'acqua. Orgia visiva tra vino, violoncelli, erotismo ed urla, come una festa trascinante, goliardica, irrazionale Jugoslava!

GATTO NERO, GATTO BIANCO
Ambientato tra gli zingari slavi, "il solo popolo che non cambia mai e che sfiora quella che noi chiamiamo civiltà senza lasciarsene contaminare", finanziato da un pool di reti televisive europee, parlato in dialetti gitani, girato in Slovenia e sulle rive del Danubio in Serbia, “Gatto nero, gatto bianco” è un fantastico affresco di un’umanità, travolgente e vitale, divertente e allegro. Grga Pitic e Zarjie sono due vecchi amici che non si vedono da ben venticinque anni. Il primo è un padrino gitano oltre che magnate delle discariche, il secondo è proprietario di un cementificio. Sono due ottantenni che nella loro lunga vita hanno commesso ogni genere di crimine rispettandosi sempre. Matko, il figlio di Zarije, è un incapace che ha bisogno di soldi per portare a termine un affare legato al mercato nero, precisamente un carico di petrolio e dato che non ha il coraggio di rivolgersi al padre, chiede aiuto a Grga Pitic facendogli credere che suo padre è morto. Grga Pitic è profondamente colpito da questa notizia e decide di recarsi sulla tomba del vecchio amico Zarije.
Matko, soddisfatto del suo inganno, cerca di far entrare nell'affare del petrolio Dadan Karambolo, un boss dei gangster gitani. Sotto l'effetto della droga. Matko è convinto che in questo modo l'affare andrà sicuramente in porto. Purtroppo per lui non è così, perché la notte dell'arrivo del treno, viene messo a terra da degli sconosciuti e quando il giorno dopo si risveglia, scopre che il treno è scomparso. Matko non ha capito che è stato imbrogliato dallo stesso Dadan e così deve sottostare al ricatto di questo criminale senza scrupoli: far sposare il proprio figlio Zare con Afrodita, la sorella di Dadan, una donna così minuscola da essere soprannominata Ladybird. Zare però è innamorato di Ida, una cameriera tanto affascinante quanto impetuosa. Afrodita in realtà sogna un gigante buono da sposare. Il giorno delle nozze i due giovani si ribellano a questo matrimonio senza amore così la ragazza fugge approfittando della confusione della festa organizzata alla maniera gitana. Capito l'inganno, Dadan va alla ricerca della sorella. La trova in mezzo alla campagna insieme al nipote di Grga Pitic, Grga Maggiore, un ragazzone molto alto che da tempo era alla ricerca di una donna piccolina, dolce e affettuosa come lo era sua nonna. Ladybird è così piccola che potrebbe stare nel suo taschino, perfetta per lui. Tra i due è scoccata la freccia dell'amore! Dadan acconsente alle nozze perché convinto da Grga Pitic che l'amore è l'unico motivo per sposarsi. Anche Zare è felice perché così può sposare la sua amata Ida. Durante la festa muore Grga Pitic, Zarije torna dal regno dei morti, Dadan viene punito e Zare ed Ida scappano con una fisarmonica piena di soldi, dopo aver minacciato il prete con una pistola davanti a due soli testimoni: un gatto nero e un gatto bianco!

SUPER 8 STORIES
Nel mondo folle e drammatico dei Balcani è ambientato il documentario sul gruppo musicale di Emir Kusturica: La punk-band “No smoking”, divenuta famosa per la colonna sonora di “Gatto nero, gatto bianco”. La “No smoking band” è nata venti anni fa e attraverso album, concerti e tournée ha attraverso la storia della Jugoslavia.

LA VITA E’ UN MIRACOLO
Siamo in Bosnia all’inizio degli anni novanta. Luka, ingeniere serbo e sua moglie Jadranka si stabiliscono insieme al loro figlio Milios in un villaggio nel mezzo del nulla con l'intento di trasformarlo in un luogo turistico. Accecato dal suo ottimismo Luka non dà retta alle voci dello scoppio di una guerra imminente. Quando suo figlio Milos è fatto prigioniero e i militari serbi gli affidano in custodia un ostaggio musulmano: una bella ragazza di nome Sabaha, Luka finisce per innamorarsene. “Voglio continuare a credere che la vita è un miracolo perché i miracoli accadono davvero. La speranza nella nostra vita non deve essere sconfitta”. Infatti come afferma lo stesso Kusturica:”questo film è in fondo ottimista, insegna a vedere anche gli aspetti belli pur in mezzo alla tragedia”. “La vita è un miracolo” è una favola romantica e sognatrice in cui il buio della guerra nei Balcani dell’inizio degli anni Novanta viene candidamente tramutato in un quadro affascinante ed incantato.
Un ritratto di colori, danze ed eccessi, tutto velato da una atmosfera da favola.
Il personaggio principale del film, Lucka è timido ed ottimista, il suo rapporto con la guerra è quello di un Pierrot che viene strappato dal proprio mondo fatato e strapazzato dai rumori delle bombe che piovono fuori e gli altri personaggi rappresentano per Kusturica importanti pedine di un teatrino dell’assurdo, ma un assurdo poetico ed a tratti commovente. Come fare a parlare d’amore durante una guerra? Come fare convivere un cane con un gatto? Come fare innamorare un bosniaco di una musulmana? Ecco cosa sembra sussurrarci Kusturica candidamente con quest’ennesimo capolavoro!

POSSIBILE CHIOSA
Pensando fra le righe all’opera cinematografica di Kusturica le prime cose che mi vengono in mente sono: arte, storia, guerra, bambini, immagini grottesche, discriminazioni razziali, lo sguardo del bambino sul mondo, matrimoni, la figura della donna portatrice dolorosa della continuità dell'esistenza, il mondo dei gitani così poetico ed onirico e magmatico e senza costrizioni di tempo e spazio così a stretto contatto con la natura e gli animali e l’impossibilità a fare ordine in un cinema che fa della poetica del disordine e del disequilibrio la sua forza e l’impossibilità di fermarsi a pensare o a riflettere di fronte al caleidoscopio di immagini che sono forse il tratto distintivo del cinema di Emir Kusturica. E allora non possiamo far altro che seguire quel palloncino, o un velo da sposa, e lasciare che lui, l'immenso cineasta di Sarajevo, ci apra il suo cuore e continui a raccontarci disordinate storie allegramente assurde … grazie di cuore Emir!
by Mariano Lizzadro

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12.12.07

Il rumore dei treni di Eleonora Bellini

[letteratura -7]

Il rumore dei treni è la mia casa (E. Bellini)

Il rumore dei treni è un libro d’amore in versi fatto di arrivi, incontri, partenze. Stazioni, binari, palmi delle mani contro i vetri, porte che si aprono e si chiudono tra passanti frettolosi e distratti. E dentro tutto questo, il passeggero che “si svela”, il riconoscimento, “parole che poi si fanno carne/ occhi, capelli, mani”.
Di seguito alcuni versi tratti dalla raccolta di Eleonora Bellini "Il rumore dei treni" (sez. Tessere per un mosaico) pubblicata per i tipi BooK Editore (2007) con nota finale di Ariodante Mariani.

4. Rosa
Il palmo della mano contro il vetro
del finestrino -c'era un uomo
che dal marciapiede
con forza premeva quella mano-
rivelava nelle linee rosa
gli intrecci itineranti di una vita.
Dall'intreccio le rispose un'altra mano,
un altro aperto palmo contro lo stesso vetro
e fu freddo e tangibile il distacco.
........................................Quando il treno
si mosse, la partenza parve
annuncio dell'esilio.
(p.12)

5. Oro

Il luogo dell'incontro è il mezzogiorno,
quando il sole arde e di noi
non ha pensiero, quando la stazione
conta i suoi transiti, culla le sue folle.
Un battito più forte dà il segnale:
frena il convoglio, si aprono le porte
e scende chi era atteso. Si svela
il passeggero e assume le sembianze
note, le più desiderate. Sfumano
nell'aria le parole e poi si fanno carne,
occhi, capelli e mani. Si apre
l'hortus conclusus del riconoscimento.
(p.13)


12. Grigio

Il terzo treno ebbe una partenza
più rapida e quasi
impercettibile. Appena
ebbi il tempo di vederlo
fermarsi, spalancare le fauci, inghiottire
i suoi ospiti che già mi ammiccava
beffardo il fanale di coda.
Contro
la mia sosta immotivata sul binario,
e contro
la mia infantile nascente nostalgia
scoppiò
l’ira di un barbone a cui toglievo il passo:
ogni istante è partenza,
ogni istante ti appressa
la morte –mi gridò. Con un gesto
osceno
squarciò il velo che mi copriva gli occhi:
già mi si allontanava su quel treno
un prezioso frammento di futuro
(p.20)


Eleonora Bellini è nata a Belgirate sulla sponda piemontese del Lago Maggiore, poco dopo la metà del secolo scorso. Laureata in filosofia all'Università degli Studi di Milano, ha insegnato per alcuni anni nelle scuole medie ed è attualmente direttrice della Biblioteca Pubblica della Fondazione "Achille Marazza" di Borgomanero (NO). Ha pubblicato saggi, narrativa per bambini e adulti, poesia. Per un approfondimento http://utenti.lycos.it/eleonorabellini/

by Maria Pina Ciancio

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